Cambiamento climatico: istruzioni per l’uso
di Enzo Di Giulio
“What a different world!”
Questa frase tratta dalla presentazione fatta da Carlo Carraro, dell’Università di Venezia, alla prima conferenza IAASM (“International Alumni Association of Scuola Mattei”) dedicata al tema del cambiamento climatico ben sintetizza il messaggio principale della conferenza stessa. Il convegno si è tenuto a Roma il 13 giugno, nel Centro Congressi Matteo Ricci, e si è caratterizzato per la partecipazione di relatori italiani e stranieri che da anni lavorano sul tema del clima. Alessandro Lanza, Amministratore Delegato di Eni Corporate University, ha mostrato come l’interpretazione che è possibile dare alla questione del clima sia fortemente dipendente dall’orizzonte temporale che si assume. Inequivocabilmente, i dati relativi alle emissioni di carbonio mostrano come la situazione stia drammaticamente mutando: se, per un verso, nel periodo 1751-2004 le emissioni cumulate di Europa e Stati Uniti ammontano ad oltre il 50% e quelle di Cina ed India a meno del 10%, dall’altro, nel periodo 2000-2004, il contributo della Cina alla crescita delle emissioni si aggira intorno al 50%.
L’aumento vertiginoso delle emissioni mondiali si lega a robuste espansioni del reddito procapite e della popolazione non sufficientemente compensate da decrementi dell’intensità energetica e dell’intensità carbonica dei consumi energetici. In particolare, se si considera il periodo 1990-2005, il valore di quest’ultima variabile appare sostanzialmente immutato a ragione di un mix energetico statico. D’altra parte, i decrementi di intensità energetica, che si attestano intorno al 20%, hanno potuto limitare la spinta indotta della crescita economica e demografica in misura assai limitata. Prospetticamente, come ha mostrato Carraro con linguaggio tecnico e suggestivo al tempo stesso, i termini del problema sono semplici: la limitazione delle crescita della temperatura entro i 2°C. entro la seconda metà di questo secolo implica che si passi da una media di emissioni procapite di 1 t. di carbonio a 0.3 t.C., ovvero all’attuale media pro-capite dell’India. Per una paese come gli Stati Uniti, la cui media pro-capite è intorno alle 6 t.C., il passaggio a 0.3 t. implicherebbe una rivoluzione globale. Ma anche l’Unione Europea, la cui media è intorno a 2,5 t.C., dovrebbe modificare radicalmente il suo modo di produrre e consumare energia, e più in generale il suo stile di vita. Il fatto che 0.3 t.C. equivalgano ad un volo di solo andata dall’Europa alla costa Est degli Stati Uniti ben illustra quale rivoluzione attende il mondo.
Tutto ciò è possibile? Al di là della realizzazione di un’economia carbon free, già la semplice produzione di energia impone, al 2030, secondo le stime dell’IEA, investimenti ingenti nel settore energetico, pari a 22 trilioni di US $. Se si confronta questo valore con il PIL mondiale annuo – circa 33 trilioni di $ – si comprende quanto, anche in assenza di strategie di mitigazione delle emissioni, il pianeta sia di fronte ad una sfida gravosa. La questione climatica accresce straordinariamente le criticità di tale sfida. Per mezzo del modello WITCH (A World Induced Technical Change Hybrid Model) elaborato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei, Carraro ha mostrato come il mondo che emergerebbe da strategie di stabilizzazione della concentrazione delle emissioni di CO2 in atmosfera a 450 ppmv, (oppure 550) al 2100 implichi una rivoluzione copernicana. Rispetto ad uno scenario Business As Usual (BAU), nelle tre decadi dal 2002 al 2032 l’intensità energetica dovrebbe diminuire di circa il 70% (oppure 49% per 550 ppmv) mentre l’intensità carbonica dell’energia consumata dovrebbe ridursi del 35% (17%), ad esempio attraverso drammatiche espansioni del nucleare e della carbon capture & sequestration. Parte della riduzione rispetto allo scenario BAU sarebbero a costo 0. Obiettivi più ambiziosi di riduzione delle emissioni comporterebbero costi velocemente crescenti, soprattutto in funzione dei ritardi nell’implementazione di politiche virtuose. Sul piano degli strumenti, la conferenza ha consegnato ai partecipanti un messaggio non univoco.
Da una parte, Gernot Klepper, del “Kiel Institute for the World Economy“, ha evidenziato il ruolo cruciale dell’Emissions Trading sia nel contenere i costi complessivi sia nel favorire trasferimenti di ricchezza verso il mondo in via di sviluppo. D’altra parte, Thomas Sterner, dell’Università di Goteborg, ha sottolineato la rilevanza della tassazione sui combustibili nel contenere i consumi in uno dei settori a più forte espansione e più difficilmente controllabili a ragione della pluralità degli agenti coinvolti. Sterner sostiene che se l’Europa non avesse attuato la vigorosa politica di tassazione dei combustibili che conosciamo, e avesse invece privilegiato una strategia all’americana, la domanda di combustibili sarebbe stata due volte più elevata. Per tale ragione, Sterner definisce la tassazione sui combustibili lo strumento più potente della politica ambientale attuato fino ad oggi e, in controtendenza rispetto al dominio delle strategie di emissions trading, la rilancia. Infine, Frank Convery, di University College di Dublino, con un intervento di grande originalità, si è soffermato sulla distanza non solo economica, ma culturale, esistente tra America ed Europa, ed ha auspicato una rinascita della tradizione culturale europea che spezzi l’attuale dominio statunitense nel contesto della generazione di capitale intellettuale.
In ultimo – e questo potrebbe essere il secondo messaggio chiave della conferenza IAASM – l’uomo è al tempo stesso la causa e la soluzione del problema del cambiamento climatico: le politiche energetiche ed ambientali che egli sarà in grado di porre in essere riposano, prima ancora che nella sua capacità di azione, nella forza del suo intelletto.